I nostri punti di immersione

Relitti e grotte. Guglie rocciose e praterie di posidonia. Pareti verticali e frazioni coralligene.
Una varietà morfologica e biologica unica nel suo genere tutta da scoprire!

E’ l’immersione più famosa della zona ed è considerata, a ragione, tra le più belle del Mediterraneo, sia per quanto riguarda la morfologia che per la vita marina. Vi si possono infatti osservare la maggior parte delle specie bentoniche e nectoniche presenti nel Mediterraneo. E’ un’immersione impegnativa perché profonda e spesso si incontra corrente. E’ formata da una serie di guglie calcaree più o meno allineate da nord-est a sud-ovest, che si innalzano da un fondale di 40-42 metri. La più elevata raggiunge i 15 metri circa e le altre variano tra i 24 e i 32 metri. Il versante nord-occidentale di queste guglie è caratterizzato da una parete verticale completamente ricoperta di gorgonie rosse (Paramuricea clavata) dai fitti e grossi ventagli. Sono presenti delle varianti gialle e bicolori rosse e gialle, tanto belle quanto rare. Il versante sud invece degrada dolcemente e presenta numerose spaccature e anfratti che danno riparo a murene, spesso in coppia, mustelle e crostacei quali cicale, granseole e galatee. Proseguendo verso le guglie più profonde perderemo il conto delle cernie, alcune di notevole dimensione, e se fortunati, potremo ammirare grossi e maestosi esemplari di dentice, che, diffidenti, si mantengono a distanza. Altrettanto schivi sono un paio di esemplari di cernia dorata, che pare abbiano scelto questa secca come loro dimora. A settembre-ottobre non è raro l’incontro con tonni, ricciole e palamite. Negli ultimi anni invece è diventato stanziale un bel banco di barracuda. La risalita di solito avviene a spirale attorno al pinnacolo più alto perlustrando ogni fessura della roccia e di tanto in tanto “buttando l’occhio” sul sottostante panorama, brulicante di vita. Proprio sulla sommità, avvolta in una nuvola di castagnole e anthias crescono i sargassi e spesso, in una cavità si può osservare il riccio diadema (Centrostephanus longispinus), pronto a dirigere le sue lunghe spine verso ogni possibile aggressore. Sugli idrozoi pascolano numerosi nudibranchi. Infine, quando si è in sosta di sicurezza e si guarda nel blu, può capitare di vedere qualche grande pesce pelagico, come il pesce luna o, perché no, una verdesca!

A circa un centinaio di metri a Nord-Est del “ PAPA 1” si erge da un fondale di 40-42 metri di profondità un rilievo granitico molto simile, per forma e vita marina ospitata, al pinnacolo principale del PAPA 1. La differenza sta nella maggiore profondità del sommo della secca, che qua è di circa 24 metri. Anche qui possiamo vedere di tutto e di più: dai grandi ventagli delle gorgonie rosse o delle varianti rosso-gialle ai piccoli nudibranchi quali flabelline e cratene, dai numerosi e argentei barracuda ai grossi dentici che sfilano veloci ai margini della secca. Molte anche qui le cernie, qualcuna di grosse dimensioni, curiose e timide al tempo stesso sembrano giocare a “nascondino” coi subacquei. Imperdibile è poi lo spettacolo offerto dagli eleganti movimenti di un bel banco di grosse corvine. Un’immersione breve quindi, data la profondità, ma ricca di intense emozioni che rimarranno a lungo impresse nella memoria.

Un’altra immersione ricca di spunti naturalistici è offerta da questa grossa cavità che si apre sotto la maestosa falesia calcarea di Tavolara, ad una profondità media di 12-14 metri. Dalla boa di ormeggio bisogna percorrere diverse decine di metri con la parete alla nostra sinistra prima di incontrare la grotta, che esternamente è rivestita da un manto di alghe verdi sciafile e alghe rosse incrostanti, mentre internamente, dove la luce non penetra a sufficienza, briozoi e celenterati si contendono ogni centimetro quadrato di superficie, dando luogo ad una incredibile varietà di colori che solo la luce di una torcia può svelare. E’ facile vedere vacchette di mare al pascolo sopra spugne o idrozoi così come ceriantus sparsi qua e là sul fondo sabbioso-detritico della grotta. Per gli amanti della profondità e del pesce grosso è d’obbligo una “puntata” sui -30m alla ricerca di “Nerone”, un grosso esemplare di cernia bruna.

E’ la più classica delle immersioni in parete a Tavolara. Sono possibili diversi percorsi tutti ugualmente interessanti data la ricchezza di vita ed è per questo che l’immersione è adatta a tutti i livelli di brevetto. Qui la falesia calcarea cade verticale dalla superficie sino agli 8-10 metri di profondità dove troviamo un plateau dolcemente degradante, cosparso di blocchi calcarei sotto i quali nei mesi primaverili trovano rifugio le magnose, che in questo periodo si radunano numerose nei bassi fondali per l’accoppiamento. Qua e là spiccano degli anemoni con i loro piccoli e mimetici abitanti: granchi ragno e gamberetti fantasma. Già nei primi 10 metri d’acqua saremo circondati da un brulichio di vita fatto di castagnole, occhiate, banchi di saraghi fasciati, numerosi saraghi maggiori di grossa taglia, di cui uno,sempre lo stesso, sembra particolarmente affezionato ai subacquei, tanto da seguirli per buona parte dell’immersione e da offrirsi generosamente ad eventuali primi piani. Allontanandosi dalla parete di Tavolara, grosse rocce si alternano a franate piene di anfratti, cunicoli e passaggi. Nelle zone illuminate, sul sottile strato di alghe, brucano numerosissime le astree ( Astrea rugosa) e le onnipresenti salpe, e vi passeggiano le grandi stelle rosse ( Ophidiaster ophidianus), mentre le zone in ombra sono ricoperte da Leptosamnia provuti, margherite di mare (Parazoanthus axinellae) e spugne colorate. Dirigendosi verso est ci si imbatte in un bellissimo ambiente di precoralligeno che ospita corvine e un paio di grosse cernie che si lasciano avvicinare e ci lasciano intendere quali ottimi risultati stia dando la tutela dell’ambiente marino.

Una lunga frattura percorre la parete di Tavolara e, qualche metro sopra la superficie, forma un grottino triangolare con un masso proprio al centro: sembra l’immagine classica dell’occhio di Dio. La fessura continua sott’acqua fino a 15 metri di profondità e termina su una spianata di sabbia bianca e sottile. Le pareti della spaccatura sono rivestite di alghe rosse, briozoi, spugne e spirografi. Ci troviamo in un tipico ambiente coralligeno, che solitamente si incontra a profondità superiori. All’inizio dell’estate grandi cicale vi si insediano per la riproduzione, per poi tornare a profondità maggiori. A Est e a Ovest della spaccatura, franate di massi ospitano grosse cernie, murene e molte gorgonie gialle. Sul fondale ai piedi delle franate, intorno ai 25-27 metri, ci sono un paio di grossi blocchi calcarei a forma di fungo con le parti in ombra tappezzate di colori come la tavolozza di un pittore.

Un’altra bella immersione a Tavolara che in primavera offre uno spettacolo unico: in una cavità sommersa della parete si possono contare fino a 10-11 esemplari di magnosa, conosciuta anche come cicala di mare, alcuni di grosse dimensioni, che qui trovano il luogo ideale per riprodursi. Di qui il nome del sito. La falesia calcarea dell’isola in questo punto scende verticale fino ad incontrare un pianoro roccioso a tratti ricoperto da posidonia, ad una profondità media di 12-14 metri. La visibilità è solitamente molto buona e la corrente, se presente, è debole pertanto l’immersione è semplice ed adatta a tutti. Dalla boa di ormeggio bisogna percorrere poche decine di metri con la parete sulla destra per raggiungere “il grottino delle cicale”. Si nuota tra castagnole, occhiate e saraghi fasciati. E’ facile avvistare le sagome argentee ed affusolate dei barracuda o qualche giovane esemplare di cernia affacciarsi curiosamente dietro un masso.

Immersione interessante perché si snoda tra sedimenti di detrito, ammassi di pietre, passaggi sotto gli immensi macigni franati dalla sovrastante falesia. Una fitta prateria di posidonia ricopre tutto il pendio, qui possono essere osservati numeri branchi di pesci che si nascondono in questi anfratti.
Benché la profondità massima che si raggiunge non superi i -20 mt, e che la quota media di navigazione sia compresa tra i -8 mt e i -14 mt, sono molteplici gli spunti d’interesse e le forme di vita animale e vegetale che si possono incontrare in questa immersione.

A Nord della lingua di terra di Spalmatore, ad una profondità che varia tra i 3 e i 14 metri, grandi lastroni granitici indicano l’antica linea di costa fossile. Un tempo scambiati per una strada romana sommersa i massi larghi e piatti poggiano su un fondale che a zone rocciose alterna ampie distese di sabbia chiara ed offrono rifugio a saraghi e corvine. A mezz’acqua nuotano tanute ed occhiate e, soprattutto nei mesi primaverili ed autunnali, può capitare di vedere qualche pesce di passo tipo dentici o ricciole. La visibilità e la luminosità, di solito eccezionali, rendono il sito molto indicato anche per lo snorkeling.

La boa di ormeggio si trova a sud est dell’isolotto, al riparo dal maestrale. E’ un’immersione semplice, perché si svolge tra i 5 e i 15 metri di profondità, ma non per questo meno interessante di altre. Anzi proprio la limitata profondità e la varietà di habitat confinanti( rocce, zone sabbiose e prateria di posidonia) fanno di questo sito un ambiente luminoso e particolarmente ricco di specie diverse. Potremo infatti ammirare minuscoli nudibranchi pascolare su qualche idroide o spugna, paguri spostarsi da un anfratto all’altro protetti dall’oscurità, cernie incuriosite fare capolino dalle loro tane, denticiotti a caccia e soprattutto un banco di barracuda, ormai stanziale e con gli anni sempre più numeroso, fare strani girotondi a mezz’acqua e lasciarsi avvicinare per nulla disturbato dai subacquei e dalle loro bolle.

Nella prosecuzione della dorsale che parte dallo scoglio del fico, si incontea una stupefacente formazione rocciosa che rappresenta un’enorme testa, di elefante appunto, con tanto di orecchio e di proboscide che poggia sulla pietra.
L’immersione è una nuotata, compresa tra -14 e -35 mt, tra grandi massi di granito poggiati sulla sabbia e circondati da una bellissima prateria di posidonia; nelle numerose fessure si possono osservare dromie e galatee, due tipi di granchio, i gamberi meccanici, le musdee, murene e gronghi, sciarrani e castagnole che fanno da cornice ai saraghi, alle occhiate e alle cernie brune che nuotano a mezz’acqua.

E’ situata tra Tavolara e Molara, a Nord-Ovest dell’omonimo isolotto ed è costituita da una serie di emergenze granitiche molto simili a quelle che stanno fuori dall’acqua. Si scende su di un grosso panettone con il “tetto” a 11 metri, contornato da cataste di massi che creano tane e rifugi provvisori per corvine, cernie, scorfani e saraghi maggiori. Grandi banchi di salpe brucano qua e là lo strato di alghe che ricopre le rocce e talvolta si possono osservare pelagici quali dentici e ricciole compiere veloci incursioni sulla secca in cerca di cibo. Per gli amanti della “macro” molto diffuse sono le flabelline ed altri nudibranchi. La secca principale è circondata da altri rilievi e gruppi di massi che consentono una notevole varietà di percorsi.

E’ un grosso panettone granitico, tutto fessurato e ricco di buchi, situato a Nord-Ovest dell’isola di Molara. La bassa profondità e la presenza di tratti di fondale sabbioso fanno sì che l’immersione si svolga in un ambiente molto luminoso. La roccia è ricoperta da un sottile strato di alghe su cui spiccano frequenti colonie di idrozoi, popolate da colorati nudibranchi; nelle zone dove la luce naturale non arriva quella artificiale delle torce accende i l giallo, il rosso,l’arancione o il viola delle spugne. Nelle spaccature sono comuni corvine, cernie e da aprile a giugno le cicale.

E’ situata a Nord-Ovest di Molara, ad un centinaio di metri da riva ed è composta da spuntoni granitici che continuano sott’acqua i rilievi emersi dell’isola. Le guglie, le più alte delle quali arrivano a pochi metri dalla superficie, sono inframmezzate da profondi canaloni che scendono fino a 27-28 metri. Tra le cataste di massi al fondo dei canaloni si nascondono corvine e cernie, qualcuna anche di notevole dimensione. Tra le guglie invece è facile incontrare barracuda e dentici, mentre la miriade di spaccature della roccia, rivestite di celenterati e spugne colorate, offre riparo a polpi gronghi e murene ed a crostacei quali cicale, gamberi e galatee, queste ultime davvero numerosissime. Ma l’aspetto più affascinante dell’immersione è costituito forse dal paesaggio e dai giochi di luce che il sole crea tra i picchi granitici nelle mattine d’estate.

Il paesaggio è simile a quello di Punta Arresto: una serie di rilievi granitici, i più alti dei quali arrivano a 4-5 metri dalla superficie, sono qui il proseguimento sommerso della punta di Levante dell’isola di Molara. Le rocce si alternano a chiazze di posidonia e nei canali tra un rilievo e l’altro vi sono depositi di detrito grossolano. Sul detrito si possono osservare trigoni e torpedini mentre sulla posidonia e tra i sassi nuotano salpe e corvine. Soprattutto nel mese di giugno è frequente l’incontro con polpi “a zonzo”, lontano dalla tana. E’ un punto di immersione molto bello e suggestivo anche di notte.

A ridosso dell’isolotto dei Cerri, conosciuto come lo “scoglio dei tre fratelli”, esistono dei complessi rocciosi semi affioranti, tra i quali si snodano percorsi tra pareti di granito e praterie di posidonia. Immersioni in bassa profondità, ma davvero interessanti dal punto di vista ambientale e naturalistico: l’acqua sempre cristallina, tra grandi banchi di saraghi, salpe, nuvole di castagnole, qualche cernia che si nasconde tra gli anfratti, e barracuda.

 

L’Omega giace su un fondale di 18 metri smembrato in più tronconi, frantumato dal violento impatto contro lo scoglio dei Cerri una notte di tempesta del 1974 e dalla violenza del mare poi. La prua è capovolta e forma una specie di cunicolo in cui nuotano numerosi i re di triglie. Il ponte è adagiato sul fondo e la sala macchine è perfettamente riconoscibile. La poppa svetta verso la superficie in un intrico di cavi, lamiere e cime. Il relitto è abitato da una gran quantità di organismi diversi. Numerosissimi gli scorfani, appostati qua e là; aragoste, murene e gronghi fanno capolino da tubi e oblò e talvolta sotto il ponte si può osservare un gruppo di saraghi o di corvine. In autunno è facile vedere banchi di ricciole “sciamare” intorno al relitto. E’ un sito ideale per principianti interessati ai relitti sia per la bassa profondità che per l’ottima visibilità ed è interessante anche in “veste” notturna.

 

 

Relitto di un mercantile francese a vapore, lungo circa 70 m, affondato probabilmente per errore da un sommergibile olandese nel 1941, durante il secondo conflitto mondiale. Giace su un fondo sabbioso ad una profondità di circa 39 m. I resti della macchina e le parte superstiti del relitto, riccamente colonizzate, ospitano gronghi, grandi triglie, saraghi e cernie.

Spugne coloratissime, nudibranchi, cernie, saraghi, castagnole, anthias, triglie, gronghi, dentici e ricciole, sono gli ospiti abituali di questo testimone silenzioso di una guerra che, anche in Sardegna, ha lasciato dolorose tracce nei suoi fondali.

Si trova poche miglia al largo della Cinta, la lunga spiaggia dalla finissima sabbia chiara di San Teodoro. La secca è molto vasta e l’immersione di solito ha uno sviluppo itinerante. E’ formata da rilievi granitici dalle forme tondeggianti, ad una profondità compresa tra i 18 ed i 26 metri. I margini delle zone rocciose più ampie e i massi accatastati offrono passaggi e scorci suggestivi nonché rifugio per saraghi, cernie, corvine e murene. Usuale è l’avvistamento di sciami di barracuda. I rilievi sono circondati da ampie praterie di posidonia, dove si possono osservare varie specie di tordi, e da zone detritiche scrupolosamente setacciate alla ricerca di cibo da grosse triglie.

Torna su